come potrebbe finire la guerra commerciale americanaCome potrebbe finire la guerra commerciale americana

Lo scorso 2 aprile, Donald Trump ha annunciato nel giardino delle rose della Casa Bianca una nuova ondata di dazi “di liberazione” per riequilibrare il commercio statunitense, con tariffe così elevate da far crollare i mercati e scatenare proteste da parte di alcuni repubblicani e di governi stranieri. Dopo una settimana di caos, Trump ha annunciato una sospensione di 90 giorni per molti dei dazi, dando ai partner esteri il tempo di contrattare. Il caos normativo e le sentenze dei tribunali americani che mettono in dubbio la legalità di queste misure hanno aggravato l’incertezza.

Il protezionismo di Trump ha già frenato la crescita, aumentato i prezzi e gettato ombre sul futuro dell’economia mondiale. Tuttavia, l’articolo di Foreign Affairs evidenzia come, al di là dei toni aggressivi, esista una verità di fondo: l’ordine commerciale internazionale ha bisogno di un aggiornamento. In America, la sfiducia verso il libero scambio è cresciuta in entrambi gli schieramenti politici, e la propensione dei governi a proteggere i propri interessi nazionali è ormai consolidata. L’ordine multilaterale costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale si è logorato.

Non si tornerà più al passato, quando Washington sosteneva il libero scambio come pilastro della propria strategia globale. Le tensioni geopolitiche e la concorrenza con la Cina hanno cambiato le carte in tavola. Piuttosto che cercare di resuscitare un sistema ormai superato, i partner commerciali degli Stati Uniti dovrebbero spingere per un nuovo assetto globale che favorisca l’integrazione tra Paesi alleati e limiti i rapporti con quelli rivali, in particolare con Pechino.

Nonostante i metodi di Trump siano spesso caotici, gli Stati Uniti restano un attore centrale, con enormi vantaggi strutturali. Molti Paesi non possono fare a meno del mercato americano e, pur maltrattati dai dazi, preferiscono trattare con Washington piuttosto che aprirsi alla Cina. Lo dimostra anche una simulazione condotta dal Center for a New American Security, in cui le delegazioni estere — pur irritate dall’unilateralismo statunitense — hanno cercato di negoziare per ridurre l’impatto delle tariffe. La Cina, invece, è apparsa meno convincente agli occhi dei partecipanti. Il gioco ha mostrato che, con un minimo di apertura al dialogo, gli Stati Uniti possono creare un blocco commerciale democratico escludendo la Cina.

L’articolo suggerisce che la Casa Bianca dovrebbe sfruttare il caos attuale per costruire un nuovo ordine. Trump, però, dovrà abbandonare le misure eccessivamente punitive e la retorica ostile, puntando piuttosto a una strategia negoziale più credibile e prevedibile. La chiave sarà usare i dazi come leva per ottenere obiettivi chiari e realistici — come rafforzare le industrie strategiche o ridurre la dipendenza dalla Cina — e non come strumento per obiettivi molteplici e contraddittori.

La credibilità resta un problema: dopo anni di mosse imprevedibili, i partner commerciali si domandano se un accordo firmato oggi valga ancora domani. Per uscire dall’impasse, l’amministrazione potrebbe ricorrere a strumenti legali già previsti, come le sezioni 301 e 232, che richiedono analisi e consultazioni pubbliche. Inoltre, Washington deve chiarire agli alleati cosa ci si aspetta da loro per ottenere una riduzione dei dazi.

Il futuro dell’ordine commerciale mondiale è dunque appeso a un bivio: da un lato, un sistema sempre più protezionista, simile agli anni ’30, dall’altro un reset negoziato che consenta di favorire i Paesi amici e al tempo stesso proteggersi dalla concorrenza cinese. L’articolo immagina un nuovo ordine basato su “cerchi concentrici”: integrazione economica e sicurezza tra alleati, scambi prevedibili e basati su regole con la maggior parte dei Paesi e, infine, un graduale “de-risking” dalle economie rivali.

Per arrivarci, Trump dovrebbe trasformare gli accordi-quadro negoziati finora in basi per intese più ambiziose. Senza questo passo avanti, le tariffe avrebbero solo effetti limitati, a fronte di costi economici e politici significativi. La sfida è grande, ma la crisi potrebbe essere un’occasione per ridefinire un ordine commerciale più adatto ai tempi.

Fonte: Foreign Affairs, “Tell Me How This Trade War Ends”


L'illustrazione utilizzata per questo articolo è generica e AI-generated; uso libero per finalità editoriali e commerciali.
×