Un’ondata di cambiamento sta attraversando il Partito Democratico in vista delle elezioni presidenziali del 2028. Secondo Politico, personalità chiave come l’ex Segretario ai Trasporti Pete Buttigieg e il governatore della California Gavin Newsom hanno recentemente criticato la linea più radicale della sinistra americana, prendendo le distanze da alcuni dei temi più identitari che avevano caratterizzato l’ultimo decennio.
Buttigieg, in particolare, ha definito la politica progressista sulla diversità «qualcosa uscito da ‘Portlandia’», con riferimento ironico alla celebre serie televisiva satirica. Questa critica rappresenta un segnale importante: l’ex segretario ai Trasporti, spesso considerato un moderato, sembra voler ridimensionare l’enfasi del partito su alcune battaglie sociali.
A confermare questa svolta c’è anche Newsom, che nel suo podcast con il commentatore conservatore Charlie Kirk ha espresso la propria contrarietà alla partecipazione delle donne transgender nelle competizioni sportive femminili a livello universitario e giovanile. «Penso sia una questione di equità — ha detto — è profondamente ingiusto». Parole che hanno suscitato la reazione indignata dei suoi tradizionali alleati LGBTQ+.
Newsom ha inoltre assunto un atteggiamento più cauto sull’immigrazione: pur difendendo la legalità della politica californiana sui limiti di collaborazione tra polizia e autorità federali, ha evitato di utilizzare il termine “sanctuary” e ha proposto tagli significativi al programma di assistenza sanitaria gratuita per immigrati privi di documenti, a fronte di un deficit statale di 12 miliardi di dollari. Tuttavia, negli ultimi giorni, il governatore è tornato a criticare le politiche migratorie dell’amministrazione Trump, cercando di rassicurare l’ala progressista.
Anche il governatore del Maryland, Wes Moore, ha tracciato un percorso di pragmatismo: in un incontro con gli elettori in South Carolina, ha bloccato una proposta di legge del parlamento democratico statale che avrebbe avviato uno studio sulle riparazioni per i discendenti degli schiavi. Moore ha ammonito il partito di non perdersi in «burocrazie inutili», sottolineando come i repubblicani siano pronti a minacciare la democrazia senza bisogno di “studi” o “white paper”.
Questo clima di “grande disincanto” — definito da Politico come “The Great Un-Awokening” — suggerisce una tensione crescente tra l’ala moderata e quella più radicale del partito. Le prossime elezioni potrebbero ridefinire il campo progressista, mettendo alla prova la capacità dei democratici di parlare a un elettorato più ampio.
Fonte: Politico
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