Nel 2025, la direzione presa da molte politiche internazionali sembra segnare un punto di non ritorno per la cooperazione allo sviluppo. Mentre la nuova amministrazione statunitense ha brutalmente interrotto numerosi programmi dell’agenzia USAID — con effetti devastanti su scala mondiale — il governo spagnolo ha approvato una spesa militare di oltre 10 miliardi di euro. Una cifra che, se fosse stata destinata alla cooperazione, avrebbe permesso di raggiungere l’obiettivo storico dello 0,7% del Reddito Nazionale Lordo (RNB) in aiuto internazionale. Ma la Spagna resta ferma a uno 0,25%, ben al di sotto di quanto stabilito dai suoi stessi impegni.
Secondo uno studio della Boston University, la sospensione dei programmi USAID in ambito sanitario e nutrizionale potrebbe provocare 3,3 milioni di morti. I dati raccolti dalle ONG nei paesi più colpiti delineano un quadro drammatico: in Burkina Faso, un milione di bambini e 250.000 donne perdono l’accesso a servizi sanitari vitali; in Nigeria più di 100.000 persone restano senza supporto nutrizionale; in Afghanistan, nove milioni di individui non avranno più assistenza medica; in Etiopia si stima che oltre 68.000 persone non avranno accesso ad acqua potabile e 50.000 donne in gravidanza rimarranno prive di alimenti salva-vita. Anche nei campi per sfollati del Sud Sudan e tra i rifugiati rohingya in Bangladesh le conseguenze saranno drammatiche.
La riduzione dei fondi alla cooperazione non è un fatto isolato: rappresenta una precisa strategia politica iniziata già nel 2024 con i governi influenzati dall’ultradestra, e si inserisce in un disegno globale che mina il multilateralismo, indebolisce i diritti umani e accresce le disuguaglianze. Il passaggio dalla cooperazione pubblica ai meccanismi di mercato, noto come Wall Street Consensus, ridefinisce il concetto stesso di sviluppo: non più bene comune finanziato dagli Stati, ma prodotto “investibile” per il profitto privato, anche attraverso le partnership pubblico-private promosse dalle istituzioni europee.
Oxfam Intermón denuncia apertamente questa deriva, ricordando che ridurre la cooperazione significa abbandonare le popolazioni più vulnerabili del pianeta. I tagli non migliorano i servizi pubblici nei Paesi donatori, ma accompagnano la demolizione di intere politiche sociali, accentuando le disuguaglianze anziché mitigarle. Di fronte alla crisi climatica e alla necessità di transizioni giuste nei modelli produttivi e di consumo, impoverire la cooperazione significa cedere ai poteri forti e sacrificare la solidarietà globale.
La Spagna, che ha recentemente riformato la propria legge sulla cooperazione con ampio consenso parlamentare, ha ora la possibilità concreta di invertire la rotta. L’obiettivo del nuovo testo è proprio raggiungere lo 0,7% del RNB, ma serviranno scelte politiche forti per trasformare le parole in fatti.
Nel mese di giugno si terrà in Spagna una conferenza internazionale sulla finanza per lo sviluppo. Secondo Pablo Martínez Osés, responsabile di Giustizia Globale per Oxfam Intermón, questa sarà un’occasione decisiva per riaffermare la necessità di una governance democratica globale fondata sulla cooperazione, la giustizia sociale e la lotta alle disuguaglianze, e non sul dominio economico dei più forti. Serviranno nuove regole per le finanze internazionali, tassazione dei super-ricchi, eliminazione dei paradisi fiscali e strumenti efficaci per sostenere i Paesi del Sud globale nella lotta contro le crisi climatiche e sociali.
Fonte: CTXT – Menos cooperación, más armas: el coste humano del nuevo orden global
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