La risposta di Teheran non si è fatta attendere: missili balistici sono stati lanciati contro Tel Aviv e GerusalemmeLa risposta di Teheran non si è fatta attendere: missili balistici sono stati lanciati contro Tel Aviv e Gerusalemme

Le recenti operazioni militari israeliane sul suolo iraniano segnano un salto di qualità drammatico nel confronto tra due potenze regionali che da anni si fronteggiano per procura. Secondo quanto riferisce Arnaud Florac su Boulevard Voltaire, l’attacco aereo condotto da caccia israeliani ha colpito obiettivi strategici all’interno dell’Iran, tra cui l’impianto nucleare di Natanz, considerato cruciale per l’arricchimento dell’uranio. Contestualmente, droni ad altissima precisione hanno ucciso diversi responsabili militari e scienziati nucleari iraniani. Si tratterebbe, a detta dell’autore, di un’operazione “perfettamente riuscita”, che suggerisce la presenza di collaboratori all’interno dello Stato iraniano e una preparazione minuziosa.

La risposta di Teheran non si è fatta attendere: missili balistici sono stati lanciati contro Tel Aviv e Gerusalemme. Alcuni hanno superato il sistema difensivo Iron Dome, causando danni limitati ma rivelando l’intenzione iraniana di colpire duramente. Intanto, l’ONU rimane sostanzialmente assente e l’Occidente, Francia in testa, balbetta. Macron ha difeso il “diritto di Israele a proteggersi”, pur mantenendo un profilo prudente, mentre gli Stati Uniti hanno ribadito un sostegno senza riserve al governo di Netanyahu.

Florac si interroga sulle ragioni profonde che giustificano un simile accanimento verso l’Iran, mentre altri Paesi (come il Pakistan o la Corea del Nord) hanno sviluppato arsenali nucleari senza subire conseguenze simili. Ma allo stesso tempo, loda l’efficacia e il tempismo dell’attacco israeliano, definendolo un “esempio di professionalità” che dimostra la fragilità crescente del regime teocratico di Teheran, già messo a dura prova da proteste interne e crisi economica.

Nel cuore dell’articolo emerge anche la preoccupazione per le ricadute geopolitiche in Europa, dove la paura di reazioni interne paralizza ogni presa di posizione netta. La Francia, suggerisce l’autore, è terrorizzata da possibili reazioni della sua “rue arabe” e quindi preferisce restare sulla difensiva. Nel frattempo, Netanyahu e Trump, pur con ruoli diversi, sembrano muoversi in sincronia per esercitare massima pressione sull’Iran.

Il conflitto, sostiene Florac, rischia di sfuggire di mano. Se il regime iraniano dovesse apparire debole, potrebbe crollare; se decidesse invece di reagire con forza, potrebbe innescare un’escalation incontrollabile. L’immagine evocata è quella di una polveriera mediorientale che, come i Balcani un secolo fa, potrebbe trascinare il mondo in un conflitto più ampio. Il silenzio dell’Europa suona, in questo quadro, come una resa già scritta.

Fonte: Arnaud Florac, Israël – Iran : jusqu’où le conflit ira-t-il ?, Boulevard Voltaire

L'illustrazione utilizzata per questo articolo è generica e AI-generated; uso libero per finalità editoriali e commerciali.
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