Il primo ministro Mark Carney ha invitato Carlo III a leggere il discorso del Trono al SenatoIl primo ministro Mark Carney ha invitato Carlo III a leggere il discorso del Trono al Senato

La prima visita ufficiale di re Carlo III in Canada, in veste di capo di Stato, si svolge in un clima politico particolarmente sensibile: da un lato l’ombra ingombrante delle tensioni con l’amministrazione Trump, dall’altro un crescente disinteresse dei canadesi per la monarchia. Due giornate a Ottawa che, pur nella loro brevità, caricano il soggiorno del sovrano britannico di un forte significato simbolico.

Il primo ministro Mark Carney ha invitato Carlo III a leggere il discorso del Trono al Senato, un compito solitamente affidato alla governatrice generale Mary Simon. La scelta richiama alla memoria le rare ma significative occasioni in cui la regina Elisabetta II svolse la stessa funzione, nel 1957 e nel 1977. Ora, secondo osservatori come il giornalista Marc Laurendeau, si tratta di un segnale politico: una risposta implicita alle provocazioni di Donald Trump, che negli ultimi mesi ha minacciato tariffe punitive e persino un’annessione economica del Canada agli Stati Uniti.

Non ci si aspetta tuttavia dichiarazioni esplicite da parte del re. Come sottolinea lo storico Justin Vovk, Carlo non ha la facoltà di inserire opinioni personali nel discorso, che è redatto dal governo. Ma potrebbero esserci messaggi simbolici, affidati a dettagli minimi: un colore di cravatta, una scelta floreale, o persino i gioielli indossati dalla regina Camilla. Secondo Estelle Bouthillier, studiosa della monarchia, Carlo ha già dimostrato recentemente, ad esempio in un discorso in Italia, la volontà di ribadire la sua posizione come re del Canada. Un gesto sottile, ma carico di significato.

La visita riaccende anche il dibattito interno sul futuro della monarchia in Canada. Secondo i dati raccolti da Radio-Canada con la “Boussole électorale”, il 39% dei canadesi si dice favorevole alla rottura dei legami con la monarchia, mentre solo il 29% vi si oppone. In Québec, la percentuale sale al 59%. L’entusiasmo per Carlo III, molto inferiore rispetto a quello goduto dalla madre, sembra limitato.

Per Carney, però, l’intento non è quello di rilanciare l’immagine della monarchia, ma di utilizzarla come strumento politico in un momento delicato, proprio come accadde nel 1939 per l’impegno bellico o nel 1977 per rispondere alle spinte indipendentiste del Québec. Nonostante la crescente insofferenza popolare, un’eventuale abolizione della monarchia richiederebbe una complessa revisione costituzionale, che coinvolgerebbe tutte le province e le due camere federali. Oppure, come suggerisce il giurista Daniel Turp, un referendum nazionale. Ma allo stato attuale, conclude, nulla lascia intendere che il governo voglia percorrere davvero questa strada.


L'illustrazione utilizzata per questo articolo è generica e AI-generated; uso libero per finalità editoriali e commerciali.
×