Il tema della cittadinanza si trova al centro del dibattito referendario e politico, perché definisce non solo l’appartenenza giuridica a uno Stato, ma anche i diritti e i doveri di chi ne fa parte. Sebbene ogni Paese coltivi la propria tradizione normativa, emergono due principi fondamentali: lo ius sanguinis, che lega la cittadinanza al diritto di sangue, e lo ius soli, che la riconosce in virtù del luogo di nascita.
In Italia la regola prevalente è lo ius sanguinis: chi nasce da almeno un genitore italiano acquista automaticamente la cittadinanza, a prescindere dal luogo di nascita. Chi è straniero può chiedere la naturalizzazione dopo un periodo di residenza legale continuativa – generalmente dieci anni per i non-UE, quattro per i cittadini comunitari – presentando documentazione sull’integrazione sociale e l’autonomia economica (Legge 5 febbraio 1992, n. 91). Esistono percorsi più brevi in caso di matrimonio con un cittadino italiano o per chi discende da italiani emigrati.
In Francia, accogliendo una versione temperata dello ius soli, ai figli stranieri nati sul territorio è concessa la cittadinanza al raggiungimento della maggiore età, purché abbiano vissuto in Francia per almeno cinque anni tra i 11 e i 18 anni. Inoltre, un figlio di genitori stranieri nato in Francia può diventare automaticamente francese a 18 anni se ha risieduto in patria per almeno cinque anni consecutivi dopo i 11 anni (Code civil, art. 17).
La Spagna, che condivide con l’Italia lo ius sanguinis, riconosce però la cittadinanza “per opzione” a minori stranieri nati in territorio spagnolo e a chi sia stato adottato da cittadini spagnoli. La naturalizzazione ordinaria richiede dieci anni di residenza legale, ridotti a due anni per cittadini di Paesi iberoamericani, Andorra, Filippine, Guinea Equatoriale, Portogallo o persone di origine sefardita (Ley 52/2007).
Il Regno Unito ha preferito un sistema misto: il bambino nato in territorio britannico da genitori legalmente residenti ottiene automaticamente la cittadinanza, mentre per gli stranieri il percorso standard di naturalizzazione richiede almeno cinque anni di residenza con specifiche condizioni di permanenza e conoscenza della lingua inglese (British Nationality Act 1981). Dal 2021, inoltre, il divorzio tra Regno Unito e UE ha complicato i criteri di accesso per i cittadini comunitari.
Gran parte dell’Europa continentale applica varianti dello ius sanguinis, spesso accompagnate da forme moderate di ius soli. In Germania la cittadinanza per nascita è garantita se almeno un genitore residente da otto anni è titolare di permesso di soggiorno permanente. In Paesi come Svezia e Belgio, basta un anno o meno di residenza dei genitori per attivare il diritto alla cittadinanza del neonato.
Qualche passo più lontano, in Cina la Nationality Law del 1980 si fonda quasi esclusivamente sullo ius sanguinis e vieta formalmente la doppia cittadinanza. Un figlio di cittadini cinesi è cinese, ovunque nasca, ma non può mantenere altri passaporti se decide di acquisire altra nazionalità.
L’analisi delle norme mostra come il concetto di cittadinanza non sia mai univoco: rispecchia scelte politiche, eredità storiche e visioni diverse sull’integrazione. In vista di possibili modifiche costituzionali o di legge, conoscere i modelli europei e internazionali aiuta a calibrare il dibattito su inclusione, diritti e responsabilità comuni.
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