Paesi come Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania si mostrano sempre più diffidenti verso l’egemonia Bruxelles-Berlino-ParigiPaesi come Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania si mostrano sempre più diffidenti verso l’egemonia Bruxelles-Berlino-Parigi

Mentre ad Aquisgrana Ursula von der Leyen riceveva con tutti gli onori il prestigioso Premio Carlo Magno per il suo contributo all’unità europea, a Budapest si levavano applausi di tutt’altro tenore per Viktor Orbán e Alice Weidel, leader dell’AfD, accolti come simboli di un’Europa alternativa, conservatrice e critica verso le derive centralistiche dell’UE. Orbán ha denunciato la trasformazione del sogno europeo in un incubo, accusando Bruxelles di aver sostituito la sovranità nazionale e la diversità culturale con un’identità imposta, una gestione economica centralizzata e una spirale di indebitamento.

Il contrasto è marcato: da un lato l’elogio istituzionale alla presidente della Commissione, celebrata per la gestione della pandemia, la risposta a Mosca e il Green Deal; dall’altro, la popolarità crescente dell’estrema destra europea, galvanizzata dalla conferenza CPAC a Budapest, dove Weidel è stata accolta come una nuova protagonista della scena conservatrice continentale. Un tempo isolata anche da Orbán per rispetto verso CDU e CSU, oggi è parte di un fronte che si va ampliando nell’Est Europa e oltre.

Il pezzo di Roland Tichy descrive una UE spaccata tra un blocco occidentale sempre più burocratico, ossessionato dal controllo digitale e dalla sorveglianza dei cittadini – fino alla proposta di spiare tutte le comunicazioni via social o messaggistica, persino con “cimici digitali” nei telefoni – e un fronte orientale che rivendica libertà e sovranità, opponendosi all’abolizione del diritto di veto e all’accentramento delle decisioni. Paesi come Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania si mostrano sempre più diffidenti verso l’egemonia Bruxelles-Berlino-Parigi, mentre in Polonia, nonostante la leadership pro-EU di Donald Tusk, la stabilità politica resta precaria.

Persino nei paesi occidentali serpeggia il malcontento: in Olanda, Geert Wilders impone la sua linea dura sull’immigrazione; in Francia, Marine Le Pen è ostacolata con metodi giudiziari; in Danimarca, la premier definisce la migrazione “la più grande minaccia”; in Italia, Giorgia Meloni mantiene una prudente distanza da von der Leyen, ma gode di una crescita economica che contrasta col declino tedesco.

Secondo l’autore, la UE è oggi più un’arena ideologica che una comunità politica. E l’episodio della premiazione di von der Leyen appare come il simbolo di un’epoca in declino, incapace di contenere la fronda sempre più ampia e determinata dei paesi riformatori. La domanda finale resta sospesa: fino a quando l’Unione Europea potrà reggere questa crescente polarizzazione interna?

Fonte: Tichyseinblick – “In Aachen Orden für Kontrolle, in Budapest Applaus für Freiheit” di Roland Tichy

L'illustrazione utilizzata per questo articolo è generica e AI-generated; uso libero per finalità editoriali e commerciali.
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