Il sito Regards.fr denuncia con forza la persistente impasse in cui si trova oggi l’ecologia politica francese, schiacciata fra buone intenzioni e soluzioni inefficaci. Due recenti proposte di legge — quella sulle zone a basse emissioni (ZFE) e quella contro la fast fashion — hanno rivelato come, troppo spesso, i provvedimenti ambientali ricadano ingiustamente sui più poveri, mentre i più ricchi continuano a consumare e inquinare senza limiti.
Il caso più emblematico è quello della fast fashion. La proposta di legge approvata all’unanimità dall’Assemblea Nazionale è ora all’esame del Senato, ma ha già perso gran parte della sua forza a causa del lobbying, in particolare dell’ex ministro Christophe Castaner. Sono state ridotte le penalità ambientali, allentate le restrizioni sulla pubblicità e rimandati gli obblighi di trasparenza. Eppure il problema rimane evidente: ogni giorno vengono prodotti migliaia di capi d’abbigliamento a ritmi frenetici, spesso in condizioni di sfruttamento estremo, per finire velocemente nelle discariche europee, mentre le acque si avvelenano e gli armadi straripano.
La fast fashion è una caricatura del capitalismo contemporaneo: manodopera malpagata nei Paesi in via di sviluppo e spedizioni lampo a costi irrisori per i consumatori occidentali. Un modello che perpetua il mito del consumo felice: «che il bonheur c’est d’avoir», come ricorda Alain Souchon, ma — avverte l’articolo — «on nous fait croire» che sia questa la via per la felicità. L’autore sottolinea che il vero nodo, mai affrontato, è proprio il desiderio consumista: un meccanismo che spinge a cercare la felicità nei t-shirt a cinque euro anziché in una vita piena di emozioni e sorprese.
Lo stesso ragionamento si applica alle ZFE. Nata come misura di giustizia ambientale per proteggere i più esposti all’inquinamento, la proposta è stata svuotata da emendamenti e, infine, sospesa in molte città. Il paradosso è evidente: la ZFE finisce per colpire chi non può permettersi un’auto nuova, mentre chi guida un SUV recente resta fuori dalla critica. La vera domanda sarebbe: quale impatto ambientale ha davvero, lungo tutto il ciclo di vita, una grande berlina nuova rispetto a una vecchia utilitaria? Ma la politica preferisce semplificare o rinunciare, invece di correggere queste ingiustizie con misure di compensazione sociale o di pianificazione dei trasporti.
In conclusione, l’articolo denuncia l’ipocrisia di una parte della sinistra francese, incapace di unire la difesa dell’ambiente con quella delle classi popolari. L’ecologia, sostiene Regards.fr, non può sacrificare la “fin du monde” (la catastrofe climatica) in nome della “fin du mois” (le difficoltà economiche quotidiane). Serve un discorso di sinistra forte, capace di sognare una vita più piena e di costruire una giustizia sociale e ambientale insieme. Permetteteci, conclude l’autore, di continuare a sognare una tale ecologia e di rimpiangere l’incapacità politica di portarla avanti.
Fonte: Regards.fr, “L’écologie toujours dans la même impasse”
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