Nel suo editoriale sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia si interroga sulla narrazione dominante secondo cui la Germania avrebbe fatto meglio dell’Italia i conti con il proprio passato dittatoriale. Se così fosse, si chiede l’autore, come mai oggi in Germania un partito di estrema destra come AfD, con tratti razzisti e filoputiniani, minaccia di diventare primo partito, mentre in Italia — dove governa una forza politica dalle radici post-fasciste — la democrazia non appare sostanzialmente minacciata?
L’editorialista propone una spiegazione: la vera differenza non sta tanto nella durezza del giudizio storico, ma nella diversa gestione del passato da parte delle rispettive democrazie nel dopoguerra. In Italia, ricorda Galli della Loggia, i partiti antifascisti, inclusi i comunisti, scelsero una via di pacificazione. Dopo una breve stagione di epurazioni e condanne, l’amnistia Togliatti del 1946 e l’atteggiamento della nuova Repubblica permisero a molti ex fascisti di tornare nella vita pubblica. La Costituzione vietava la rinascita del partito fascista, ma non poneva limiti ideologici ai singoli partiti, ammettendo persino ex gerarchi in Parlamento.
Questa apertura, secondo l’autore, non fu debolezza ma frutto della consapevolezza degli antifascisti veri: sapevano che il fascismo non era un semplice crimine organizzato, ma un movimento con radici profonde nella storia italiana, e che parte della sua affermazione fu anche dovuta agli errori delle classi dirigenti precedenti. Per questo, scelsero di non cancellarlo artificialmente, ma di includerne la memoria nella dialettica democratica, vietandone la ricostituzione ma permettendo una “sopravvivenza memoriale” controllata.
Oggi, prosegue Galli della Loggia, questa scelta dimostra la sua lungimiranza: il governo Meloni, per quanto nato da una tradizione post-fascista, si è costituzionalizzato e governa in piena legittimità democratica. In Germania, al contrario, la Costituzione adottata nel clima della Guerra Fredda vieta espressamente partiti che si oppongano all’ordine democratico o alla pace tra i popoli, cancellando dal campo politico non solo il nazismo ma anche tutto il pensiero conservatore non liberale del Novecento tedesco.
In questo modo, osserva l’autore, si è creato un “vuoto a destra”: un’intera tradizione culturale — l’orgoglio per la Bildung, l’antiegalitarismo, le correnti della Kultur — è stata privata di rappresentanza politica, con il risultato che qualsiasi risorgenza del pensiero conservatore tende a manifestarsi oggi nelle forme più pericolose, eversive e incompatibili con la democrazia.
L’Italia, dunque, avrebbe paradossalmente costruito una destra costituzionale proprio perché non ha mai voluto espellere del tutto il proprio passato. La Germania, invece, nel volerlo espellere integralmente, rischia oggi di doverlo affrontare nei suoi aspetti più radicali e non mediabili.
Fonte: Ernesto Galli della Loggia, Corriere della Sera (17 Maggio 2025)
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