Il professor Michael Cox evidenzia come, a differenza dell’Occidente in cui la disciplina storica è sottoposta a conflitti identitari e revisionismi, Russia e Cina considerino la Storia un’arma essenziale nella loro azione politica. Xi Jinping e Vladimir Putin, convinti che “chi controlla il passato controlla il futuro”, investono risorse nella creazione di narrative ufficiali prive di “nihilismo”. In Cina, fin dal 2012, si sono oscurati episodi scomodi come Tiananmen, mentre in Russia, già dal 2021, una “commissione interagenzia” vigila sull’educazione storica.

Nella parata del 9 maggio a Mosca, occasione simbolo del loro asse, i due leader hanno sottolineato il ruolo centrale dell’Unione Sovietica e della Cina nella sconfitta di Stato fascisti e nazisti, ignorando altri alleati e minimizzando il contributo di Stati Uniti o Gran Bretagna. Nel contempo, entrambi mitigano o cancellano passaggi imbarazzanti delle loro storie comuni: dalla colonizzazione russa dell’Estremo Oriente cinese nell’Ottocento, fino alle tensioni durante la Guerra fredda.

Putin, pur negando di “demonizzare eccessivamente” figure come Stalin, attribuisce a Gorbaciov la responsabilità del collasso sovietico del 1991, giudicato un disastro dal quale – concorda Xi – il solo beneficiario fu l’Occidente. Quest’ultimo collasso viene descritto come una ferita aperta, “troppo dolorosa da guardare” per Xi e come il peggior evento del Novecento per Putin.

Nonostante talune divergenze, questa convergenza di interessi e visioni storiche consolida un’alleanza che, secondo Cox, “sta guidando cambiamenti che non si vedevano da cento anni”. Con il passato plasmato in base alle proprie esigenze, Pechino e Mosca si presentano al mondo unite nella difesa di un ordine internazionale che esse stesse hanno contribuito a costruire.

Fonte: Michael Cox, “Xi, Putin and the struggle for ‘History’”, EUROPP – European Politics and Policy

Le immagini di questo articolo sono generiche e AI-generated; uso libero per finalità editoriali e commerciali.
×