Nel 1977 i Sex Pistols cantavano con furia giovanile l’assenza di futuro in un mondo dominato da ipocrisia e autorità: “No Future”. Quarantasette anni dopo, quella profezia autodistruttiva è stata clamorosamente smentita da un clamoroso ritorno sul palco, in una delle location più rispettabili della scena britannica: il Royal Albert Hall di Londra. Come racconta Nicolas Gauthier in un articolo pubblicato su Boulevard Voltaire, la band simbolo del punk si è riformata e si è esibita il 24 marzo scorso in un evento definito dalla rivista Rock & Folk come “storico”.
Ma parlare oggi di “Sex Pistols” è quasi un esercizio di necromanzia. La formazione originaria è ormai dissolta: Sid Vicious morì di overdose nel 1979 e Johnny Rotten – al secolo John Lydon – si è da tempo distaccato dal gruppo. Restano Glen Matlock, bassista della prima ora, e il duo Steve Jones e Paul Cook (chitarra e batteria). Il nuovo frontman scelto per sostituire Rotten è Frank Carter, figura discussa della scena punk revival britannica.
Lo scrittore e musicista Patrick Eudeline, testimone diretto della prima ondata punk, non risparmia critiche alla nuova incarnazione del gruppo: “Un modo per garantirsi la pensione, ma gestito senza arte né parte”, afferma. Secondo lui, Jones e Cook sono “inculti”, mentre Matlock rappresenta una figura più colta e interessante. Carter, invece, viene bollato come una “perfetta scelta sbagliata”, privo della legittimità necessaria: “Almeno potevano chiamare Billy Idol”, osserva Eudeline.
Anche John Lydon, oggi sessantanovenne, non nasconde il suo disprezzo per la reunion, definendola “karaoké”, e attacca direttamente il nuovo cantante: “La povera salsiccia! Sa davvero in cosa si è cacciato?”. Rivendica con forza il proprio ruolo nella creazione del gruppo e del suo immaginario: “Quelle canzoni le ho scritte io, io ero la voce che ha fatto cantare il mondo intero”.
Gauthier, nel suo articolo, osserva con ironia come il rock stia diventando una sorta di “garderie pour grabataires”, una casa di riposo per vecchi ribelli che continuano a suonare per un pubblico sempre meno giovane, mentre il mondo musicale è dominato da rap, R&B e intelligenza artificiale. Rotten, tuttavia, continua a incarnare una forma estrema di punk, non solo musicale ma anche ideologica: oggi si dichiara favorevole a Brexit e Donald Trump, contrario all’immigrazione di massa e nostalgico dell’Inghilterra proletaria di un tempo. Una parabola non inedita, che lo accomuna ad altri rocker ribelli come Eric Clapton, anch’egli critico del conformismo contemporaneo e dell’allineamento occidentale post-7 ottobre 2023.
“No Future”, cantavano i Sex Pistols. Ma sembra che, nel suo cuore, Johnny Rotten stia ancora cercando un futuro nei frammenti idealizzati del passato.
Fonte: Nicolas Gauthier, Sex Pistols, le No Future a la vie longue…, Boulevard Voltaire
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