Per le giovani donne tra i 18 e i 21 anni, l’uso quotidiano di Instagram, TikTok, YouTube o Snapchat non è soltanto un’abitudine comunicativa, ma una vera e propria attività formativa. È quanto emerge da un’indagine qualitativa condotta da Laurent Tessier, docente all’Institut catholique de Paris, in collaborazione con un gruppo di studentesse. Intervistando 19 giovani donne, l’autore ha cercato di comprendere in che modo esse apprendano — in modo individuale e collettivo — a filmarsi, montare e pubblicare video, e come gestiscano le implicazioni identitarie e sociali di questa esposizione.

La pratica della condivisione video è centrale nella loro quotidianità: 17 su 19 pubblicano regolarmente su Instagram, 16 su TikTok, e molte anche su YouTube o SnapChat. Tuttavia, filmarsi personalmente e pubblicare contenuti in cui si è protagoniste comporta un livello di esposizione molto più delicato. Molte di loro, infatti, adottano strategie prudenti: usano account privati o separano quelli pubblici e personali, selezionano i contenuti da mostrare e negoziano i limiti della visibilità con genitori e amici. Alcune hanno persino subito episodi gravi di falsificazione o violazione dell’identità, come nel caso di una ragazza vittima di un account fake che diffondeva immagini intime a suo nome.

Nonostante questi rischi, le giovani mostrano una notevole consapevolezza critica. L’atto di filmarsi è sì un esercizio creativo, ma anche un processo di apprendimento sociale che implica il riconoscimento di codici, rischi e spazi d’azione. Si muovono per tentativi, tra tutorial, formati replicati, feedback ricevuti dai pari e osservazione delle dinamiche di gradimento online. Alcune, attraverso il montaggio video o l’editing fotografico, scoprono una nuova forma di agency: “Mi aiuta ad avere più fiducia in me stessa”, racconta una delle intervistate, “mi aiuta a romanticizzare la mia quotidianità e a restare creativa”.

In certi casi, questa pratica si proietta anche verso il futuro professionale: che si tratti di lavorare nei media o nell’ambito educativo, la produzione video viene percepita come una competenza spendibile. Una studentessa, ad esempio, immagina di realizzare contenuti educativi per sensibilizzare sulle disabilità infantili.

Questa inchiesta offre uno sguardo preciso e lontano da stereotipi sul rapporto tra giovani donne e social media. Lungi dall’essere vittime passive o utenti inconsapevoli, le intervistate dimostrano di saper usare i mezzi digitali in modo strategico, negoziando continuamente tra espressione di sé e protezione della propria identità.

Fonte: The Conversation – Laurent Tessier, Vidéos sur TikTok et Instagram : un apprentissage social de la mise en scène de soi

L'illustrazione utilizzata per questo articolo è generica e AI-generated; uso libero per finalità editoriali e commerciali.
×