il rapporto denuncerebbe «minacce gravi» per la Repubblica provenienti da una nebulosa legata alla confraternita dei Fratelli musulmani

Il 21 maggio il Consiglio di difesa francese ha discusso un documento governativo intitolato «Frères musulmans et islamisme politique en France». Secondo estratti fatti trapelare in anticipo al Figaro, il rapporto denuncerebbe «minacce gravi» per la Repubblica provenienti da una nebulosa legata alla confraternita dei Fratelli musulmani, nata in Egitto nel 1928. Ma, intervistato da The Conversation, il politologo Franck Frégosi – uno dei massimi studiosi dell’islam in Francia – smonta la retorica allarmistica.

Frégosi ricorda innanzitutto che il testo, commissionato oltre un anno fa dall’allora ministro Gérald Darmanin e oggi declassificato dal successore Bruno Retailleau (in piena fase di esposizione mediatica), quantifica in appena 400 persone il «nucleo duro» della confraternita, con 139 luoghi di culto affiliati all’associazione Musulmans de France. In termini di fedeli si tratterebbe di circa 91 000 praticanti, ovvero lo 0,01 % dei 7,5 milioni di musulmani stimati nel Paese. Con questi numeri, osserva il ricercatore, parlare di minaccia alla Repubblica appare poco credibile, tanto più che il movimento dei Fratelli musulmani «è in perdita di velocità» sia nei paesi a maggioranza islamica sia in Francia, dove viene sorpassato da correnti salafite e da un crescente letteralismo religioso.

Sul piano dottrinario, spiega Frégosi, il progetto “integrale” originario di Hassan al-Banna è stato radicalmente riformulato in Europa. La centralità della shari‘a è stata reinterpretata in termini di «giustizia sociale» e oggi l’attività delle reti frériste nel Paese si concentra su obiettivi sostanzialmente cultuali e conservatori – dall’organizzazione della preghiera alla gestione di scuole sotto contratto –, ben lontani da un disegno di conquista delle istituzioni.

Quanto alla presunta segretezza della confraternita, il politologo osserva che le accuse di «doppio gioco» non sono suffragate da fatti: gli attori comunitari da lui studiati da decenni operano alla luce del sole, litigano pubblicamente fra loro e non mostrano i tratti di una setta clandestina. Per questo giudica «inconsistente» l’idea di un piano occulto per instaurare un califfato o conquistare municipalità, ipotesi avanzate nel rapporto citando l’esempio – assai dissimile – di alcune comuni dell’area di Bruxelles.

Il documento elenca poi 29 associazioni sportive su 156 000 considerate vicine all’islam radicale (solo cinque di matrice frérista) e ne deduce un’influenza capillare: un ragionamento, secondo Frégosi, che scambia episodi marginali per fenomeni strutturali e alimenta un «regime del sospetto» verso qualsiasi iniziativa musulmana, pur sottoposta al quadro giuridico ordinario.

Il vero punto, conclude lo studioso, è politico. La destra di governo agita lo spettro dell’«entrisme frérista» per giustificare nuove norme speciali dopo la legge contro il separatismo, mentre lo stesso Retailleau coltiva ambizioni presidenziali per il 2027. Ma restringere ulteriormente le libertà religiose rischia di colpire l’insieme dei musulmani praticanti più che un ipotetico complotto, spostando l’attenzione dalle minacce reali – jihadismo incluso – a un bersaglio ormai logorato.

Fonte: Franck Frégosi, «Les Frères musulmans menacent-ils réellement la République ?», The Conversation, 22 maggio 2025, 

L'illustrazione utilizzata per questo articolo è generica e AI-generated; uso libero per finalità editoriali e commerciali.
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