L’economista Branko Milanović, tra i maggiori studiosi mondiali delle diseguaglianze, osserva un fenomeno senza precedenti: il capitalismo ha vinto. Non più confinato a una forma unica, si presenta oggi sotto due varianti dominanti – quella liberale e quella autoritaria – che coprono l’intero pianeta. Da New York, dove insegna, Milanović propone una lettura sistemica e comparativa delle diseguaglianze, non solo all’interno dei singoli Paesi ma anche tra le diverse regioni del mondo.
Nel suo nuovo volume The World Under Capitalism (Polity, 2025), che raccoglie riflessioni e saggi precedenti, Milanović ribadisce un doppio movimento globale: da un lato, le diseguaglianze internazionali diminuiscono (soprattutto grazie alla crescita dei redditi nei Paesi asiatici); dall’altro, all’interno delle singole nazioni, le diseguaglianze si ampliano, trainate dai redditi più alti.
Tra le sue intuizioni più note vi è la “curva dell’elefante”, elaborata con Christoph Lakner. Questo grafico mostra l’evoluzione dei redditi globali tra il 1988 e il 2008 in 120 Paesi e illustra con efficacia chi ha tratto maggiori benefici dalla globalizzazione: le nuove classi medie nei Paesi emergenti e l’élite globale (il celebre 1%). Al contrario, le classi medie dei Paesi ricchi hanno registrato una crescita più debole, fino a risultare, relativamente, impoverite. Anche i più poveri, pur migliorando in valore assoluto, restano penalizzati in termini relativi.
L’analisi di Milanović non si limita alla dimensione economica. Egli distingue due modelli di capitalismo: uno “liberale”, meritocratico, in vigore in Occidente e in democrazie come India e Indonesia; l’altro “politico”, autoritario, presente in Paesi come Russia, Algeria o Rwanda. Questi due modelli convivono e competono senza che l’uno riesca a sconfiggere l’altro. Il primo è minacciato dal populismo e dall’erosione dello stato sociale, il secondo da corruzione e opacità, ma anche da una sorprendente efficacia amministrativa.
Milanović propone soluzioni per rendere il capitalismo più equo: ridistribuzione del capitale attraverso eredità mirate e dotazioni iniziali ai giovani, azionariato diffuso, imposte patrimoniali e successorie, e un forte investimento nell’istruzione pubblica. Sul piano globale, suggerisce una riformulazione della cittadinanza come “attivo economico”, con accessi differenziati ai diritti sociali e civili, allo scopo di favorire una migrazione temporanea, regolata e accettata dalle popolazioni dei Paesi ricchi.
Infine, lo studioso delinea un futuro capitalistico fatto non di “commercio gentile” ma di “ipercommercializzazione” e relazioni frammentate. Di fronte a questo scenario, non intravede alternative sistemiche reali, ma individua alcuni interventi radicali: contenere la concentrazione di ricchezza, rafforzare le classi medie, garantire pari opportunità educative, gestire le migrazioni e regolare il finanziamento politico per evitare che i grandi patrimoni dominino la vita democratica.
Il lavoro di Milanović non si limita a interpretare l’oggi, ma si propone come strumento per agire. Le sue proposte, innovative e a tratti provocatorie, mirano a rendere il capitalismo, per quanto inevitabile, almeno più sopportabile.
Fonte:
Julien Damon, “Triomphe capitaliste et inégalités : les analyses de Branko Milanović”, Telos, 24 maggio 2025
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