In un articolo pubblicato su L’Espresso, Carlo Cottarelli affronta le polemiche che precedono i cinque referendum di inizio giugno, articolando il proprio posizionamento attorno a tre domande chiave. Innanzitutto, Cottarelli sottolinea che l’invito a non votare è del tutto legittimo: il quorum previsto dalla Costituzione serve infatti a misurare la rilevanza di un’iniziativa referendaria, e disertare le urne è un mezzo politico per segnalare il disinteresse o l’opposizione verso il tema proposto  .

Passando al merito dei quesiti, l’autore riconosce l’importanza dei temi sottoposti a votazione, con quattro referendum incentrati sulle norme del Jobs Act – dall’abrogazione del contratto a tutele crescenti alla rimozione del tetto dei risarcimenti per le piccole imprese e alla responsabilità delle imprese appaltatrici in caso di infortunio – mentre il quinto riguarda la riduzione da 10 a 5 anni del periodo necessario per ottenere la cittadinanza. In particolare, Cottarelli evidenzia come l’articolo 18, simbolo delle tutele crescenti, non sia mai emerso come fattore decisivo nel disincentivare gli investimenti, e dunque il ripristinarlo avrebbe un impatto limitato. Sulla rimozione del tetto dei risarcimenti, invece, avverte che potrebbe penalizzare le piccole imprese rispetto alle grandi, e rigetta l’abrogazione del limite di responsabilità delle aziende appaltatrici ribadendo che non si può pretendere che rispondano di ciò che non controllano direttamente.

Infine, il dibattito sul diritto di cittadinanza rivela per Cottarelli un dilemma tra un periodo di attesa eccessivo e un abbassamento che rischia di porre l’Italia su una soglia minima rispetto agli standard internazionali; pur riconoscendo la validità della domanda, ammette di non aver ancora preso una decisione definitiva, pur inclinando verso il sì.

Fonte: L’Espresso, Carlo Cottarelli

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