Beatriz Gallardo Paúls evidenzia come l’insulto politico sia ormai una costante del dibattito pubblico contemporaneo, fungendo da molla emotiva per la disinformazione e da strumento di odio. L’autrice ricostruisce l’evoluzione di questo fenomeno, che pur radicato nella tradizione parlamentare ottocentesca, oggi si inserisce in un più vasto «discorso del odio» capace di soppiantare la razionalità con l’ira.

Innanzitutto, l’insulto politicizzato risponde a una logica tipicamente populista: individuando un «nemico» — spesso un leader avversario — crea lo scontro noi/voi, in cui il politico si pone come salvatore del «popolo vittima». Si tratta di un’espediente narrativo che fa leva su emozioni forti, relegando al ruolo di decorazione gli argomenti veri e propri. In tal senso, offrire epiteti aggressivi equivale ad ammettere una carenza argomentativa, poiché l’ingiuria sostituisce il dialogo deliberativo e trasforma il confronto in un palcoscenico destinato a suscitare pathos ed ethos anziché idee.

Gallardo descrive tre grandi categorie di insulti in uso: quelli identitari («feminazi», «ecolojeta», «facha»), i proiettivi (accuse di anticonstituzionalità reciproca) e i delegittimanti (etichettare un presidente democraticamente eletto come «okupa»). Queste modalità, oltre a essere svincolate da qualunque rigore fattuale, appaiono asimmetriche: è soprattutto la destra a sfruttarle con frequenza e intensità maggiori, fino a farne immagine di marca, poiché garantiscono visibilità e indignazione virale.

Un altro fattore critico è il ruolo dei media: più l’offesa è clamorosa, più stampa, televisioni e social la rilanciano, preferendo il «clash» allo spazio dedicato a temi programmatici. Questo circolo vizioso premia l’escalation, dato che un insulto rocambolesco assicura copertura anche a costo di sacrificare la responsabilità informativa.

Infine, Gallardo sottolinea il rapporto con la cittadinanza, non solo vittima degli attacchi ma anche protagonista: mentre alcuni elettori disapprovano questi toni, altri li applaudono, alimentando un recepimento asimmetrico che contribuisce alla crisi della fiducia democratica. Spesso, inoltre, gli insulti si rivolgono direttamente a gruppi sociali o comunità (migranti, minoranze, popolazioni avverse), conducendo a una sistematica deumanizzazione.

In sintesi, per Gallardo l’insulto politico è doppio: strumento elettorale e negazione stessa della politica come esercizio dialettico e razionale per il bene comune.

Fonte: https://agendapublica.es/noticia/19842/insultos-politicos-desinformacion-extrema-derecha-congreso

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