Aristotele: il filosofo che ha insegnato anche a dissentireAristotele: il filosofo che ha insegnato anche a dissentire

Per quanto Aristotele venga talvolta strumentalizzato o frainteso, la sua opera rimane una risorsa insostituibile per chi voglia confrontarsi con i fondamenti della politica, della morale e della libertà. È questa la tesi dell’articolo pubblicato su Aeon, firmato da Edith Hall, un’appassionata studiosa del filosofo greco, che ne difende con decisione l’attualità e la complessità.

Aristotele è stato adottato da ideologie opposte, dalla destra conservatrice al marxismo. Viene citato sia nei manuali per conservatori sia nei murales ateniesi contro l’austerità, dove campeggia il suo celebre detto: “La povertà è madre della rivoluzione e del crimine”. Tuttavia, le sue idee – in particolare quelle su monarchia, donne e schiavitù – sono spesso state distorte, mal interpretate o falsificate. L’autrice denuncia ad esempio l’uso errato fatto da monarchici inglesi del Seicento, che attribuirono ad Aristotele l’idea che il re fosse “la legge animata”, quando in realtà il filosofo rifiutava una simile concentrazione di potere.

Durante la Restaurazione inglese, i realisti cercarono di appropriarsi della sua autorità per giustificare la monarchia assoluta, ma furono i repubblicani a impiegare il suo pensiero in modo più fedele: John Milton, ad esempio, lo utilizzò per legittimare il regicidio, e James Harrington si ispirò alla Politica per proporre una repubblica fondata sulla rotazione delle cariche pubbliche e su una distribuzione equa della terra. Con la Gloriosa Rivoluzione del 1688, le critiche aristoteliche alla monarchia divennero parte della legittimazione dell’ordine costituzionale britannico.

Nel XIX secolo, Aristotele tornò centrale nei dibattiti sul suffragio universale e sull’organizzazione del lavoro. Dopo la scoperta nel 1891 della Costituzione degli Ateniesi, il filosofo fu celebrato come testimone di una democrazia con suffragio universale maschile e istituzioni trasparenti. Leader sindacali e socialisti lo lessero come critico del potere tirannico e come sostenitore della felicità collettiva. William Trant e John Richardson usarono i suoi testi per mettere in discussione il contratto di lavoro come libera scelta e per difendere l’idea di uno Stato giusto. Aristotele venne anche invocato a favore dell’educazione pubblica e uguale per tutti, un principio da lui sostenuto con forza.

L’applicazione delle sue teorie all’emancipazione femminile fu più complessa. La Politica relega infatti le donne a un ruolo subordinato, ma alcune attiviste impararono a controbattere proprio analizzando quei testi. Alcune filosofe contemporanee hanno poi messo in luce come Aristotele valorizzasse qualità considerate “femminili” come la cura, la generosità e l’empatia, attribuendole anche a figure come la dea Teti o la madre Andromaca. Donne colte e militanti – da Lady Frances Norton a George Eliot, da Caroline Cornwallis ad Annie Besant – studiarono direttamente i suoi testi per sostenere la propria causa, opponendosi a una lettura sessista e parziale. Kathleen Lyttelton e Dorothea Barrett, ad esempio, usarono l’etica e la definizione di cittadinanza aristotelica per rivendicare diritti politici e parità educativa.

Il tema più controverso resta quello della schiavitù. Aristotele parla chiaramente di “schiavi per natura” e i sostenitori dello schiavismo moderno lo hanno usato come giustificazione teorica. Ma furono proprio quelle affermazioni, assunte come bersaglio, a stimolare le più profonde critiche e confutazioni dell’istituto schiavista. Pensatori come Montesquieu, Frances Hutcheson e Charles James Fox usarono altri scritti aristotelici per demolire il concetto di “schiavitù naturale” e difendere la dignità umana. Anche letture più sfumate, come quella del predicatore George Gregory o del socialista Henry Hyndman, misero in rilievo l’evoluzione storica e le contraddizioni del pensiero aristotelico in contesto.

Infine, Paul Lafargue – genero di Marx – reinterpretò Aristotele in chiave utopica, leggendo nella sua visione delle macchine autonome un’anticipazione della liberazione dal lavoro coatto. La capacità di Aristotele di immaginare un mondo migliore e di interrogarsi sui limiti della tecnica, del potere e della legge, diventa così, per l’autrice, il motivo decisivo per non cancellarlo. È proprio affrontando le sue ambiguità e confrontandosi con le sue aporie che il pensiero moderno ha saputo evolversi. Cancellare Aristotele, conclude l’articolo, significherebbe perdere un interlocutore essenziale nella storia del pensiero.

Fonte: Aeon, Don’t cancel Aristotle – we need his ideas to hone ours

L'illustrazione utilizzata per questo articolo è generica e AI-generated; uso libero per finalità editoriali e commerciali.
×