Il nuovo Bundestag, nato con la promessa di un cambiamento, pare invece avvilupparsi in un copione ormai noto: un «Staatstheater» dedito più alla pignoleria anti-destra che a rispondere alle emergenze del Paese. Mentre i «Wirtschaftsweisen» abbassano le stime di crescita per il 2025 a zero, le forze di polizia e la magistratura ammettono di non poter sostenere a lungo le misure contro l’immigrazione illegale per mancanza di risorse. Nel frattempo, la spirale della crisi abitativa si aggrava, le aziende arrancano senza certezze sui costi energetici, e infrastrutture strategiche – come una strada a rischio crollo a est di Berlino – franano inaspettatamente. Aumentano aggressioni e violenze con coltelli, e il sistema sanitario e previdenziale scricchiola, sospinto anche dal peso dell’immigrazione di massa non regolamentata.
Dove qualche mese fa le Unioni – CDU e CSU – denunciavano con vigore questi problemi, ora si limitano a seppellire le promesse elettorali appena formulate, vergognandosi più delle loro marce indietro che del vistoso sfasamento tra parola e fatto. Così cresce l’appeal di quell’«unica cattiva» alternativa, l’AfD, corteggiata in segreto dagli elettori delusi di tutti gli schieramenti pur sapendo che il suo stile di governo sarebbe incerto. In questo clima, la coalizione al governo non può certo mettere in gioco il proprio futuro con nuove elezioni: eppure i cittadini rimangono sospesi tra la fiducia tradita e l’unico voto di protesta che pare ancora concretamente possibile.
Sul palcoscenico parlamentare, le sedute si rivelano perlopiù fiacche e ode a un cerchiobottismo sciocco. Nelle audizioni in plenaria, il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt (CSU) e la collega al Bilancio Verena Hubertz (SPD) appaiono prevedibili, rispondendo con frasi fatte e vaghe rassicurazioni: la Hubertz, giovane ex imprenditrice di successo, assicura che sviluppo sostenibile e edilizia accessibile possano avanzare di pari passo; Dobrindt, pressato da una deputata della Linke sulle differenze tra la sua politica migratoria e quella dell’AfD, reagisce irritato, liquidando la critica come applausi golpisti.
L’antipasto di questa farsa si è consumato nelle commissioni: l’AfD, pur essendo prima forza d’opposizione, vede respinte tutte le candidature ai vertici dei gruppi e ai posti di vice-presidente di Aula. Il culmine della meschinità si tocca però nella spartizione delle sale di Fraktion: la SPD, terza per numero di deputati, si ostina a occupare l’ampio salone intitolato a Otto Wels, mentre i colleghi dell’AfD si ritrovano stipati nell’ex saletta dei liberali, al punto che il loro capogruppo parlamentare Bernd Baumann denuncia formalmente il mancato rispetto delle norme di sicurezza antincendio.
Questo «piccolo quadratino» di arroganza e meschinità, osserva Peter Grimm, è la perfetta caricatura di una democrazia parlamentare che preferisce esercitarsi in petulanti schermaglie ideologiche piuttosto che affrontare i veri nodi della crisi nazionale.
Fonte: https://www.achgut.com/artikel/das_ganbz_kleine_karo_im_bundestag
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