Nel suo editoriale pubblicato su Mac Peer, l’autore esplora il possibile superamento dello smartphone come fulcro della nostra vita digitale. Lo scenario proiettato a dieci o quindici anni nel futuro vede la progressiva dissoluzione dell’interfaccia fisica a favore di tecnologie pervasive ma invisibili, grazie all’integrazione tra AI e nuovi dispositivi indossabili.
Yann LeCun e Mark Zuckerberg immaginano un mondo in cui lo smartphone viene relegato a semplice cervello-modem, mentre occhiali a realtà aumentata e braccialetti intelligenti diventano i nostri principali strumenti di accesso al digitale. Tim Cook, in controtendenza, ribadisce la vitalità dello smartphone e il margine di innovazione ancora possibile. Il dibattito si fa dunque speculare: da un lato chi prevede la sparizione del telefono, dall’altro chi ne difende l’evoluzione in forme più leggere, pieghevoli o arrotolabili.
Fra queste visioni, prendono corpo i primi dispositivi di transizione, come l’AI Pin di Humane o i Ray-Ban Meta, che puntano a liberarci dallo schermo. Lo stesso vale per l’Apple Watch, che diventa laboratorio per applicazioni biometriche avanzate, fino a ipotizzare una “clinica da polso”. Parallelamente, le ambizioni più radicali si concretizzano in progetti come Neuralink di Elon Musk, che mira a sostituire del tutto l’interfaccia fisica con un collegamento neurale diretto.
Sundar Pichai teorizza un “computer invisibile” che ci accompagni ovunque: sensori, comandi vocali e intelligenza contestuale disegnano un ambiente dove il device scompare e resta solo l’interazione. L’idea di “ambient computing” si rafforza anche sul piano culturale: i designer lavorano per rendere l’intelligenza artificiale meno intrusiva e più rassicurante, affrontando sfide non solo tecniche ma anche simboliche.
Il risultato sarà un paesaggio ibrido: telefoni sempre più specializzati convivranno con occhiali, bracciali e microdispositivi intelligenti. Ma, avverte l’articolo, alla leggerezza dell’invisibilità corrisponde il rischio dell’opacità: dietro tecnologie sempre più pervasivi si celano flussi di dati non sempre accessibili agli utenti. L’innovazione, dunque, non sarà solo tecnologica, ma anche normativa ed educativa: servono nuovi patti di fiducia tra aziende, utenti e regolatori, e una cultura digitale che ci renda protagonisti, non sudditi, del mondo intelligente che ci attende.
Fonte: Mac Peer (Tuttologia.com)
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