Fine vita e disuguaglianze: la legge che preoccupa i disabili e divide i mediciFine vita e disuguaglianze: la legge che preoccupa i disabili e divide i medici

Mentre un sondaggio Ifop del maggio 2024 evidenzia un sostegno molto ampio – 92% – al progetto di legge francese sull’aiuto attivo a morire, non mancano critiche severe da parte di chi teme derive eugenetiche e discriminazioni nei confronti delle persone disabili. Tra le voci più autorevoli nel dibattito vi è quella di Elisa Rojas, avvocata e attivista per i diritti dei disabili, che in una tribuna su Le Monde ha denunciato la logica «validista e eugenista» sottesa alla proposta legislativa. Secondo Rojas, la legge presuppone che alcune vite – quelle malate o disabili – valgano meno di altre, e che la loro morte, anziché rappresentare un dramma, venga implicitamente considerata una liberazione, anche per la collettività.

La critica è netta: si tratterebbe non di riconoscere una libertà, ma di esercitare una pressione su chi è già in una condizione di fragilità. E aggiunge che il fatto di legare eutanasia e cure palliative costituisce un ricatto politico: chi si oppone all’aiuto attivo a morire rischierebbe di veder compromesso anche il finanziamento alle cure di fine vita. Esperienze come quella del Canada, sottolinea Rojas, dimostrano che la legalizzazione dell’eutanasia è spesso seguita da un peggioramento dell’assistenza palliativa. E ribadisce che «quando i malati sono ben assistiti, non chiedono più di morire», come confermato dalla valutazione delle leggi Claeys-Leonetti del 2023.

Rojas contesta anche la legittimità della convenzione cittadina che ha ispirato il disegno di legge, poiché dominata da persone sane e valide, estranee alle condizioni esistenziali che la norma andrebbe a regolamentare. La voce di chi vive malattia e disabilità sarebbe stata messa da parte. Si domanda perché il diritto al suicidio venga rivendicato solo per i malati e mai per i sani, e perché non si dia invece priorità al garantire ai disabili la libertà di vivere dignitosamente.

A suo giudizio, il progetto di legge rappresenta il culmine di una politica neoliberale che prima nega sostegni adeguati ai più vulnerabili, poi offre la morte come unica via d’uscita. Nessuna garanzia, avverte, potrà davvero contenere le derive. Legalizzare l’aiuto attivo a morire in nome della sofferenza apre la strada a continue richieste di estensione, come già accaduto altrove.

Più sfumato il punto di vista di Charles-Henry Canova, oncologo. Il medico sottolinea come oggi l’accesso alle cure palliative sia tutt’altro che omogeneo in Francia. A suo avviso, l’assistenza dovrebbe concentrarsi sull’accompagnamento a domicilio, ma mancano le risorse e il personale. La proposta di scindere il testo in due – da una parte i diritti di fine vita, dall’altra il rafforzamento delle cure palliative – trova nel medico un sostenitore. Ricorda inoltre che esistono già gli strumenti previsti dalle leggi Claeys-Leonetti, come il diritto alla sedazione profonda, e che in oncologia molti pazienti cambiano idea quando superano momenti critici.

Canova mette anche l’accento sulla depressione, spesso non diagnosticata nei malati oncologici, e sottolinea la necessità di un supporto psichiatrico adeguato prima di legiferare sull’aiuto a morire. «Il vero progresso è l’accompagnamento», afferma. Senza cure palliative diffuse e accessibili, parlare di fine vita rischia di essere prematuro e pericoloso.

Infine, Rojas precisa il significato dei due termini centrali del suo discorso: il validismo come sistema di discriminazione contro i disabili, e l’eugenismo come selezione dei “migliori” e soppressione degli “indesiderabili”. Il pericolo, conclude, è quello di una società che traveste da libertà quella che, in realtà, è una rinuncia alla solidarietà.

Fonte:

Projet de loi fin de vie : des risques eugénistes et validistes ? – Blogs Mediapart

L'illustrazione utilizzata per questo articolo è generica e AI-generated; uso libero per finalità editoriali e commerciali.
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