Sempre più amministratori delegati stanno lanciando messaggi ambigui ai propri dipendenti: da un lato, li invitano con insistenza a usare l’intelligenza artificiale generativa nel lavoro quotidiano; dall’altro, li mettono in guardia sul fatto che proprio l’adozione di questa tecnologia potrebbe renderli presto superflui. Secondo Axios, si tratta di un messaggio “pauroso e contraddittorio”, che potrebbe avere conseguenze controproducenti.
A lanciare l’ultimo avvertimento è stato Andy Jassy, CEO di Amazon, che in un suo intervento recente ha scritto che la trasformazione guidata dall’IA potrebbe “ridurre il numero totale dei dipendenti corporate”. Un’affermazione tardiva nel testo – al quindicesimo paragrafo – ma significativa. E Jassy non è il solo: dirigenti di JPMorgan hanno già prospettato una riduzione del personale del 10% grazie all’intelligenza artificiale, e altri hanno addirittura già attribuito tagli occupazionali alla nuova tecnologia.
Secondo Brian Elliott, consulente per la leadership aziendale, alcuni CEO credono davvero che i propri collaboratori non stiano prendendo abbastanza sul serio l’arrivo dell’IA e cercano di scuoterli. Altri, invece, cercano un approccio più equilibrato, segnalando che rallenteranno o interromperanno le assunzioni, chiedendo però ai dipendenti di adattarsi. È il caso di Tobi Lütke, CEO di Shopify, che ha trasformato l’utilizzo dell’IA in una “aspettativa di base” per i dipendenti: prima di ogni nuova assunzione, i manager dovranno dimostrare che l’IA non può svolgere quel compito. Il suo messaggio, inizialmente interno, è stato poi pubblicato.
C’è anche una strategia comunicativa più ampia: secondo Jeffrey Sonnenfeld, docente alla Yale School of Management, questi annunci servono a “preparare il terreno” per eventuali tagli futuri, attenuandone l’impatto. “Un avvertimento può avere un effetto inoculante”, dice, “cioè ridurre lo shock successivo ed evitare un trauma mediatico”.
Senza contare che un linguaggio duro sull’IA può piacere agli investitori, dando l’impressione che l’azienda sia allineata con i trend tecnologici più innovativi – e che stia per ottimizzare i costi, anche attraverso licenziamenti. Le aziende che sviluppano intelligenza artificiale o vi stanno investendo cifre considerevoli hanno tutto l’interesse a promuovere questa narrazione.
Ma usare la paura come leva gestionale è rischioso. Ricerche decennali mostrano che guidare con la minaccia può avere effetti tossici nel lungo periodo: soffocare la creatività, impedire la collaborazione e provocare burnout. Come ha osservato Andrew Carton, docente alla Wharton School, questi approcci possono paralizzare invece che motivare. Keith Sonderling, vice segretario al Lavoro degli Stati Uniti, ha sintetizzato bene il paradosso: “Molti lavoratori si chiedono: perché dovrei addestrare un sistema che finirà per rimpiazzarmi?”
Fonte: Emily Peck, “Why CEOs are using AI to scare workers”, Axios, 20 giugno 2025
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