Da oltre vent’anni la lista dei Highly Cited Researchers (HCR) rappresenta un termometro dell’influenza scientifica globale, riconoscendo ogni novembre tra 6.000 e 7.000 studiosi i cui lavori hanno ottenuto il maggior numero di citazioni nell’ultimo decennio. Ideata inizialmente dall’Institute for Scientific Information (ISI) di Eugene Garfield come strumento descrittivo per monitorare l’andamento delle ricerche, la lista ha attraversato diverse fasi: dalla gestione originaria sul portale HighlyCited.com (2001), al suo archiviazione nel 2008 con Thomson Reuters, fino alla rinascita nel 2012 con metodologia rinnovata e pubblicazione annuale. Dal 2016, Clarivate Analytics ha ripreso e fatto evolvere il progetto, ricreando l’ISI nel 2018.

Nel tempo sono cambiate le regole di selezione – finestra temporale, conteggio degli articoli, gestione delle collaborazioni interdisciplinari – e dal 2021 si è affiancato un controllo qualitativo sulle pratiche di citazione, volto a escludere nomi “gonfiati” da autocitazioni o acquisto di citazioni. Questa triplice evoluzione metodologica riflette il mutato utilizzo della lista: da risorsa aperta per individuare collaboratori e restare aggiornati sui progressi scientifici, a indicatore di eccellenza sfruttato nelle valutazioni di atenei (Shanghai Ranking) e ambito di garette interne alle istituzioni. Il rischio di trasformare il riconoscimento in un traguardo da conseguire a ogni costo ha portato a episodi di manipolazione così massicci che nel 2024 oltre 2.000 nomi sono stati rimossi dalla lista ufficiale.

Da lampante specchio dell’acclamazione della comunità scientifica, la lista HCR oggi pone interrogativi sulla sua credibilità: se le citazioni non sono più guadagnate in virtù di ricerche di valore, il suo valore di termometro di eccellenza è fortemente compromesso.

Fonte: https://blogs.lse.ac.uk/impactofsocialsciences/2025/05/13/is-the-list-of-highly-cited-researchers-losing-credibility/

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