Un anno dopo il ciclo di proteste che ha scosso la Nuova Caledonia, la tensione nel territorio d’oltremare francese resta altissima. Sullo sfondo si staglia l’ombra delle passate dominazioni coloniali e il paragone inevitabile con la rivolta di Saint-Domingue del 1803 e la figura di Toussaint Louverture, il cui sacrificio segnò la nascita della prima Repubblica nera al mondo. Allo stesso modo, oggi i Kanak chiedono di uscire da un rapporto coloniale che sembra ripetersi, tra sospensioni dei diritti di manifestazione e modifiche arbitrarie del codice elettorale volte a rafforzare il peso dei soli elettori di origine europea.
Nel maggio 2024 le proteste, dichiarate pacifiche dagli stessi leader indipendentisti, sono state represse con l’intervento massiccio delle forze di polizia e dei carri armati, in azioni che hanno causato undici vittime kanak. Settembre 2024 ha visto l’arresto di Christian Tein e di altri attivisti, trattenuti come «criminali insurrezionali» lontano da Nouméa, in un carcere del Haut-Rhin, nonostante l’assenza di prove di violenza personale nei loro confronti.
La gestione dell’emergenza ha mostrato il solco profondo tra due visioni: quella dei «loyalisti» – prevalentemente bianchi e favorevoli alla permanenza nello Stato francese – e quella degli indipendentisti kanak, storicamente emarginati. Da un lato il governo centrale afferma che «la Francia sarebbe meno grande e meno bella senza la Nuova Caledonia», mentre il fronte autonomista invoca il diritto a definirsi come popolo sovrano, a scegliere liberamente il proprio futuro politico e a vedere riconosciute la propria storia e le proprie tradizioni.
Sul piano pratico, la continuità del processo referendario avviato nel 1988 e la riforma del corpo elettorale sono al centro del contenzioso politico. Il governo Macron ha sempre negoziato a vantaggio dei loyalisti, irrigidendo però la situazione e allontanando la prospettiva di un compromesso. Per spezzare l’ingranaggio, l’articolo suggerisce la necessità di un ripensamento collettivo: dall’abolizione delle misure coercitive alla creazione di un tavolo di confronto che ponga sul tavolo progetti di sviluppo condivisi, fino a una ridefinizione consensuale dei diritti di voto.
Se la storia insegna che il rifiuto della diplomazia e del riconoscimento reciproco conduce a crisi eternamente ricorrenti, è lecito chiedersi se, fra duecento anni, non sarà un altro eroe a trovare posto nel Pantheon della Repubblica francese: non più Toussaint Louverture, simbolo di una ex colonia abolita, ma un leader kanak che avrà guidato la Nuova Caledonia verso l’indipendenza.
FONTE: La Kanaky, une Haïti des temps modernes ? – Regards.fr
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