Secondo Natasha Lindstaedt per The Conversation, tre anni dopo l’invasione dell’Ucraina è finalmente giunto il momento di negoziati diretti a Istanbul, ma Vladimir Putin ha deciso di non presenziare, inviando invece il suo consigliere Vladimir Medinsky, definito da Volodymyr Zelensky “una semplice presenza scenica”. Ironia della sorte, era stato lo stesso Putin a proporre un incontro “senza precondizioni” anziché accettare immediatamente il cessate il fuoco di 30 giorni avanzato da Kiev.
L’obiettivo di Putin sembra meno la pace e più il testare il rapporto con Donald Trump: il presidente Usa, che si era candidato promettendo di far terminare il conflitto in 24 ore e aveva minacciato sanzioni in caso di mancato accordo, non ha però tradotto in azioni le sue promesse. Dopo aver richiesto un cessate il fuoco incondizionato l’8 maggio, Trump ha giustificato la mancata presenza di Putin sostenendo che solo un incontro bilaterale diretto potrebbe sbloccare la situazione — ragionamento ribaltato anche dal suo inviato Keith Kellogg, che ha affermato che Trump avrebbe partecipato se lo avesse fatto il presidente russo.
Nel frattempo, Bruxelles aveva avvertito che un fallimento delle trattative avrebbe portato a nuove sanzioni, ma la tattica di Mosca appare più propagandistica che seria. Gli incontri separati dei rappresentanti di Turchia, Ucraina e Stati Uniti si sono svolti senza concrete aspettative di risultati: il segretario di Stato Marco Rubio non nutre illusioni, mentre Zelensky interpreta l’assenza di Putin come un atto di disprezzo.
Per ora l’unica vincitrice è la Turchia, che rafforza la propria posizione di mediatore grazie ai buoni rapporti con entrambe le parti. Sul tavolo restano però richieste inaccettabili per l’Ucraina e il prospettato cessate il fuoco sembra più uno strumento di pressione che un vero impegno di pace. Resta da capire quale sarà la prossima mossa di Trump di fronte al palese disprezzo dimostrato da Putin.
Fonte: Natasha Lindstaedt, The Conversation
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