Nel suo saggio pubblicato su Limes (n. 4/2025), l’ex stratega del Pentagono Seth Cropsey analizza il ruolo crescente dell’intelligenza artificiale (AI) nel trasformare radicalmente il volto della guerra moderna, segnando una nuova rivoluzione tecnico-militare paragonabile all’avvento della mitragliatrice, dell’aeroplano o delle bombe intelligenti. Chi non si adatta, avverte l’autore, rischia l’obsolescenza operativa e strategica.
La vera posta in gioco è la velocità: nell’era dell’AI, chi riesce ad agire prima – raccogliendo, analizzando e reagendo ai dati in tempo reale – conquista un vantaggio decisivo. Non a caso, il comandante statunitense per l’Indo-Pacifico, Samuel Paparo, sottolinea che “la moneta corrente del XXI secolo è la rapidità”. L’AI è in grado di processare miliardi di dati, suggerire strategie e automatizzare decisioni che in passato richiedevano lunghe catene di comando.
L’applicazione dell’AI si manifesta su due fronti principali: nel processo decisionale (comando, controllo, comunicazioni, intelligence) e nella letalità (ovvero nella capacità di colpire). Nel primo ambito, l’AI potenzia drasticamente l’efficienza del ciclo informativo, abilitando una “guerra incentrata sulle decisioni” che cerca di moltiplicare le opzioni operative e confondere l’avversario. Sul secondo fronte, permette la diffusione di armi autonome in grado di colpire con precisione e senza la necessità di controllo umano continuo, ampliando il raggio d’azione e riducendo le perdite umane.
Cropsey osserva che l’AI è già protagonista nei conflitti contemporanei, come dimostrano l’uso massiccio di droni nella guerra russo-ucraina e l’impiego di algoritmi per fondere dati da terra, cielo e satellite. Tuttavia, gli Stati Uniti, pur dominando oggi in termini di investimenti e ricerca, non possono permettersi di rallentare: la Cina sta colmando rapidamente il divario, con una marina e una flotta aerea già imponenti e un arsenale missilistico in costante espansione. Il concetto cinese di “guerra di precisione multidominio” mira a creare complessità insormontabili per il nemico, proprio come gli USA sperano di fare con l’adozione di operazioni distribuite e sistemi autonomi.
Anche l’Italia e gli alleati occidentali cercano di adattarsi, puntando sull’interoperabilità e sulla condivisione dei dati tra i diversi sistemi d’arma. Ma la vera sfida, secondo Cropsey, non è solo tecnologica: è organizzativa e culturale. Serve un ripensamento della pianificazione militare, degli investimenti e dell’architettura decisionale. Perché – conclude – la corsa per la superiorità algoritmica è, in realtà, la corsa per la supremazia militare globale.
Fonte: Limes, n. 4/2025 – “L’AI rivoluziona la guerra” di Seth Cropsey (trad. Roger Anton Calvello)
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