Nell’editoriale pubblicato su Il Foglio il 17 maggio 2025, Giuliano Ferrara riflette sulla posizione drammatica in cui si trova Israele, travolto da una guerra che da necessità rischia di trasformarsi in una scelta strategica miope. Dopo l’attacco del 7 ottobre e il trauma collettivo inflitto dal pogrom e dalla presa di ostaggi da parte di Hamas, lo Stato ebraico ha risposto con una durissima offensiva che ha prodotto enormi sofferenze nella popolazione di Gaza. Tuttavia, i successi militari non sembrano aver prodotto un vero cambio di prospettiva.

Ferrara osserva come l’azione militare israeliana abbia isolato il paese anche sul piano diplomatico, accrescendo la pressione internazionale, rilanciando l’antisemitismo e favorendo una narrazione distorta che tende a invertire i ruoli di vittima e carnefice. Le conquiste sul campo – dalla quasi eliminazione di Hamas al contenimento dell’Iran e di Hezbollah – non sono bastate a proporre una soluzione politica credibile. L’ipotesi dei due stati si è fatta sempre più irrealistica e la linea colonizzatrice interna, pur non essendo ancora una politica, cresce come pulsione.

Il vero paradosso, secondo Ferrara, sta nella leadership di Netanyahu: l’uomo che ambiva a ridisegnare gli equilibri regionali si trova ora prigioniero della sua stessa strategia. Gli Accordi di Abramo, un tempo presentati come la chiave di volta per superare la trappola propagandistica dei due stati, non hanno prodotto l’effetto sperato, anche a causa delle iniziative unilaterali di Donald Trump che, con le sue mosse nel Golfo e nel negoziato sul nucleare iraniano, ha di fatto aggirato Israele.

Il rischio, conclude Ferrara, è che Israele perseveri in una guerra senza sbocchi, in un isolamento crescente e con una politica che, anziché difensiva e dissuasiva, appare ora come una forma di accanimento strategicamente cieco.

Fonte: Il Foglio, editoriale di Giuliano Ferrara, 17 maggio 2025.

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