In un articolo apparso su Le Devoir, il giornalista Christian Rioux denuncia una situazione sempre più tesa nelle università francesi, dove il cosiddetto “wokisme” — definito come un nuovo oscurantismo di matrice militante — starebbe minacciando la libertà di insegnamento e l’autonomia del sapere scientifico. Il punto di partenza del pezzo è l’aggressione subita dal docente Fabrice Balanche, specialista della Siria, interrotto durante una lezione all’Università Lyon 2 da un gruppo di militanti che lo hanno accusato di razzismo e sionismo, costringendolo ad abbandonare l’aula.

Secondo Rioux, episodi come questo testimoniano l’infiltrazione dell’ideologia attivista nel cuore dell’università, istituzione che dovrebbe essere al servizio della trasmissione del sapere, non del proselitismo. Eppure, chi critica questa deriva viene spesso accusato di “panico morale” o reazionarismo nostalgico. La semplice affermazione che esistano due sessi, osserva l’autore, è ormai considerata motivo sufficiente per essere messi alla gogna.

Il saggio collettivo Face à l’obscurantisme woke, recentemente pubblicato dalle Presses Universitaires de France (PUF), raccoglie il contributo di 26 studiosi che denunciano le distorsioni teoriche e pratiche del “wokisme”. La sola uscita del libro ha sollevato tentativi di censura, confermando — secondo Rioux — il carattere autoritario del fenomeno criticato. L’opera, introdotta da Emmanuelle Hénin, professoressa alla Sorbona, punta il dito su esempi concreti: come l’elezione accademica di una “porno-attivista” che pratica il “femminismo anale” o il docente che distribuisce “kit di disapprendimento della lingua francese”.

Rioux sottolinea anche come le discipline scientifiche non siano immuni da questo approccio ideologizzato: si è accusata la matematica di razzismo, la biologia di patriarcato e si è messa in discussione la teoria darwiniana dell’evoluzione. Il comune denominatore di queste posizioni sarebbe la convinzione che l’oggettività scientifica sia una finzione, e che ogni sapere debba essere decifrato secondo l’identità sessuale, etnica o razziale di chi lo esprime. Il giornalista evoca perfino il nome di Trofim Lysenko, il biologo sovietico che rigettava la genetica come invenzione borghese, per descrivere la deriva antiscientifica in atto.

Oltre l’università, Rioux osserva come questa ideologia si sia propagata nei media e nei musei, generando una revisione del passato fondata su criteri morali contemporanei. Si allestiscono mostre focalizzate sull’identità sessuale e razziale degli artisti, e si giudicano opere storiche solo per i loro titoli controversi o rappresentazioni oggi considerate problematiche. Il rischio, secondo lui, è una riduzione identitaria che finisce per sminuire anche il valore delle artiste.

Il pezzo si conclude con le parole del critico Didier Rykner, che definisce il wokisme come “una negazione della storia” e una “revisione morale degli eventi passati”, trasformando la morale in “moralina”: qualcosa che le assomiglia, ma che si riduce in realtà alla “vittoria del pensiero conformista”.

Fonte: Christian Rioux, Le wokisme n’existe pas ?, Le Devoir

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