Nel cuore di Parigi, il 9 maggio, due manifestazioni contrapposte — una organizzata dal Comitato del 9 Maggio, gruppo di estrema destra legato alla galassia identitaria, e una risposta antifascista prevista al Panthéon — sono state entrambe vietate dalla prefettura di polizia. L’autorità ha voluto mostrarsi neutrale, colpendo indistintamente “gli ultras” di ogni campo. Ma questa simmetria è, secondo Regards, profondamente inaccettabile.

L’articolo non nega la necessità di vigilanza collettiva contro la violenza dell’estrema destra, anche in un contesto sociale oggi molto meno turbolento rispetto all’Europa degli anni Trenta. Ma ricorda che, a differenza degli antifascisti che si mobilitano per difendere lo spazio pubblico e le libertà, i gruppi di estrema destra non sfociano nella violenza per “errore”: è la loro cifra costitutiva, la loro funzione strategica. Equiparare chi aggredisce a chi si difende da queste aggressioni significa relativizzare la democrazia, trattarla come semplice scena da gestire anziché come bene comune da proteggere.

Nonostante l’ultra-destra resti marginale, divisa e sorvegliata, la sua capacità intimidatoria non va sottovalutata. Bastano azioni mirate — un’aggressione a Lione, un’irruzione in un’università, una sfilata mascherata — per lasciare il segno e lanciare un messaggio: “noi siamo presenti”. Non puntano al consenso di massa, ma a imporsi con la forza.

E mentre questi gruppi estremi restano minoritari e assumono il ruolo di avanguardie brutali, il Rassemblement National — pur adottando un lessico più presentabile — condivide le stesse ossessioni identitarie e gli stessi nemici. Il partito capitalizza mediaticamente e politicamente ciò che questi attivisti contribuiscono a normalizzare.

Per questo, l’autore invita la sinistra a non reagire a ogni provocazione come se fosse l’annuncio di un ritorno al fascismo storico: sarebbe un errore strategico e analitico. Ma altrettanto pericoloso è lasciar sedimentare questi atti violenti come una presenza tollerabile nel panorama politico. Occorre dunque una risposta chiara, concreta, non retorica. Una risposta che riaffermi la legittimità dell’antifascismo, che ne rifiuti la criminalizzazione e che rimetta la sinistra nei suoi luoghi naturali: le piazze, i quartieri, i sindacati.

La Francia non è sull’orlo della guerra civile, ma siamo davanti a un test politico. La sfida è non solo resistere, ma anche proporre una visione alternativa, più forte e desiderabile. Un “tempo delle ciliegie” che sappia contrapporsi alla cupa estetica dell’odio.

Fonte: Regards.fr – Refuser la criminalisation de l’antifascisme sans crier au péril fasciste à chaque provocation

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