Secondo Anna Zafesova su La Stampa, Volodymyr Zelensky si riconferma un abile regista della propria immagine politica, trasformando un’iniziativa diplomatica in un vero e proprio show destinato a colpire l’immaginazione di Donald Trump e dei leader occidentali. Dopo aver accettato una tregua immediata in marzo e aver riposizionato la propria offerta per assecondare le oscillazioni di Trump, il presidente ucraino ha rilanciato la sfida a Vladimir Putin convocandolo a un faccia a faccia a Istanbul, tappa simbolica già teatro di un tentativo di resa dell’Ucraina nel marzo 2022.
La proposta di summit, avanzata dallo stesso Cremlino per contrastare la tregua voluta dai Volenterosi europei e dagli Stati Uniti, diventa per Putin un dilemma: accettare significherebbe cedere all’ultimatum occidentale e rinunciare all’immagine di forza che il leader russo coltiva attraverso metafore da “bande di strada leningradesi”; rifiutare, al contrario, espone la Russia a nuove sanzioni e a un ulteriore isolamento politico.
La posta in gioco, spiega Zafesova, non è una vera pace né un cambio di posizioni russe – che restano ferme sulle annessioni territoriali – bensì la percezione stessa della guerra: Zelensky punta a dimostrare che a ostacolare la tregua è Mosca, e non l’Occidente, mentre Europa e Stati Uniti valutano se imporre misure più dure o lasciare che il conflitto prosegua all’insegna di un congelamento strategico che potrebbe favorire il riarmo russo.
Paradossalmente, il presidente ucraino si trova ora in una condizione di forza: se Putin arriva a Istanbul, si apre un negoziato che sposta sul Cremlino la colpa di un eventuale fallimento; se non si presenta, l’Occidente potrà agire con sanzioni senza apparire aggressore; se Trump rinuncia all’impegno americano, il conflitto proseguirà ma Zelensky potrà contare sul rafforzamento del supporto europeo e su accordi economico-minerari capaci di sostenere ulteriormente Kiev.
Fonte: La Stampa, Anna Zafesova
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