Negli ultimi anni, l’Europa ha registrato un incremento costante della spesa per la difesa in un contesto di crescente rivalità geopolitica e pressioni transatlantiche. Questo trend ha innescato un’interessante convergenza tra le politiche industriali e le esigenze di sicurezza, contribuendo alla nascita di una “reindustrializzazione strategica” basata su innovazione, resilienza e autonomia tecnologica. Il tradizionale approccio orientato unicamente all’efficienza si allarga, trasformando la politica industriale in un volano di sovranità e solidarietà continentale.
In Spagna, il 22 aprile 2025 il Consiglio dei Ministri ha varato il Piano Industriale e Tecnologico per la Sicurezza e la Difesa, stanziando 10,471 miliardi di euro per raggiungere il 2% del PIL in spesa militare. Più dell’80% delle risorse sarà speso sul territorio nazionale e circa il 60% investirà in capacità trasferibili, come digitalizzazione avanzata, cybersecurity e tecnologie duali. Parallelamente, il Governo ha aperto un dialogo non solo con i grandi player della difesa, ma anche con imprese di telecomunicazioni, spazio e robotica, mirando a coinvolgere l’intero ecosistema produttivo come “fornitore diffuso” di innovazione.
Analoghe strategie si osservano in Francia e Germania. Parigi, con il programma France 2030, promuove la rilocalizzazione tecnologica e la transizione energetica inserendo componenti di difesa nei progetti civili. Berlino, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ha stanziato un fondo straordinario di 100 miliardi di euro che, pur destinato inizialmente alla difesa, ha stimolato un ampio rinnovamento industriale e tecnologico. A livello comunitario, strumenti come il Fondo Europeo di Difesa (EDF), l’ASAP per la produzione di munizioni e l’EDIRPA per approvvigionamenti congiunti confermano questa svolta.
Un fenomeno emergente, sottolineato dall’esempio spagnolo di Grupo Antolin, è il passaggio graduale di aziende del settore automobilistico o aero-strutturale verso produzioni a duplice uso, come componenti per veicoli tattici. Se da un lato si tratta ancora di iniziative isolate, dall’altro esse prefigurano uno scenario in cui aziende con know-how civile possano contribuire in modo significativo alla sicurezza strategica, a patto che normative e incentivi si mantengano favorevoli.
L’orizzonte che si delinea non è una militarizzazione tout court dell’economia, ma una parziale riconfigurazione del panorama industriale europeo all’insegna della sicurezza e dell’autonomia tecnologica. Il vero banco di prova per governi, imprese e cittadini sarà capire se tale impulso si tradurrà in un’architettura produttiva inclusiva e sostenibile o resterà frammentato da interessi di parte e mancanza di valutazione pubblica. In un’epoca di instabilità globale, l’innovazione difensiva potrebbe diventare la chiave di volta per una nuova maturità industriale europea.
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