Jean-Luc Mélenchon


Nel suo intervento su Mediapart, Samuel Hayat risponde alle critiche rivolte a La France Insoumise (LFI) concentrandosi sul tema dell’«efficacia politica». Innanzitutto osserva come la scelta di eliminare ogni struttura partitica tradizionale — correnti, poteri locali, divisioni interne — per puntare su un nucleo militante ristretto e fedele a Jean-Luc Mélenchon abbia mostrato efficacia nelle elezioni nazionali, capitalizzando il cedimento del centro-sinistra dopo il quinquennato Hollande e l’ascesa di Macron. Tuttavia, riconosce che tale strategia non coincide con la vittoria vera e propria: LFI non ha conquistato il potere, ma è diventata la prima forza a sinistra nelle urne nazionali .

Sulla presunta debolezza locale, Hayat ribalta la critica: l’assenza di un apparato territoriale non è un difetto, bensì una scelta deliberata per evitare che poteri comunali autonomi possano sfidare la direzione centrale. Pur rinunciando al “lavoro di campo” classico dei deputati, LFI mantiene un forte legame con i movimenti sociali — sindacati, lotte studentesche, mobilitazioni per Gaza, antirazzismo, femminismo — dimostrando di essere l’unica formazione della gauche istituzionale a comparire regolarmente nelle piazze.

La seconda critica muove dal timore che LFI, accentuando la propria identità radicale, non allarghi il consenso di tutta la sinistra ma solo il bacino interno, riducendo le possibilità di vittoria nel doppio turno (dove l’estrema destra è in ascesa). Hayat rileva che, nonostante la dominanza a sinistra, il totale dei voti di sinistra è rimasto stagnante — 29% alle legislative 2024 contro il 46,5% del 2012 — ma sottolinea che il vero declino non è causato da Mélenchon, bensì dal cedimento storico del PS e dall’«effetto Macron».

Più profonda è la riflessione sulla produzione di “visioni del mondo”: riprendendo Bourdieu, Hayat argomenta che i partiti non si contendono solo seggi ma la legittimazione di modelli culturali e valoriali. In questo senso, LFI ha riportato alla sinistra la centralità dei temi sociali ed ecologici, contrapponendosi al neoliberismo culturale che il PS aveva fatto proprio, e preparando così il terreno per future battaglie — anche se a breve termine non garantisce trionfi elettorali.

Infine, risponde alla critica democratica: è cruciale costruire “apparecchi democratici” coerenti con i valori professati, ma Hayat osserva che non tutte le sfere di una democrazia devono funzionare secondo procedure partecipative (basti pensare a giustizia o arte) e che, storicamente, i partiti hanno avuto un ruolo ambivalente nel democratizzare le elezioni. Propone dunque di rafforzare la democrazia “prefigurativa” al di fuori dei partiti, in sindacati, associazioni e movimenti autonomi, dove realmente si sperimentano processi di autogoverno.

Conclude in tono ottimista: non esistono solo modelli oligarchici o autoritari, e la rinascita democratica della sinistra può germogliare tanto dentro quanto fuori LFI, purché si colmino le fratture tra partecipazione e lotta per il potere.

Fonte: https://blogs.mediapart.fr/samuel-hayat/blog/140525/la-france-insoumise-et-le-probleme-de-lefficacite-politique-en-democratie

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